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giovedì 23 febbraio 2012

Ci vuole un fiore. Ma non per la logica

Chi ha mostriciattoli sa che non si può sfuggire alle allegre canzoncine dell’infanzia.
Orecchiabili musichette con testi tra il semplice e il dadaista ci accompagnano a casa, in macchina, sul computer, in ascensore, sul tram…

Entro limiti ragionevoli (che si superano alla sesta volte di seguito che ti tocca sentire la stessa canzone) sono anche carine. Ci ricordano la nostra infanzia, sono simpatiche, creano condivisione e complicità con i mostriciattoli, eccetera.

Tuttavia non bisogna fissarsi troppo sui testi. 
Perché le cattive sorprese si nascondono anche nella canzonetta apparentemente più innocente.

Prendiamo, ad esempio, la canzone “Ci vuole un fiore”, testo di Gianni Rodari, musica di Sergio Endrigo e Bacalov.

La prima strofa va via abbastanza liscia

Le cose di ogni giorno raccontano segreti
a chi le sa guardare ed ascoltare.

Per fare un tavolo ci vuole il legno
per fare il legno ci vuole l'albero
per fare l'albero ci vuole il seme
per fare il seme ci vuole il frutto
per fare il frutto ci vuole un fiore
ci vuole un fiore, ci vuole un fiore,
per fare un tavolo ci vuole un fio-o-re.

Certo. Alcuni passaggi sono un po’ forzati, ma tutto sommato si tratta di generalizzazioni accettabili.

L’attacco alla logica arriva quando affrontiamo la seconda strofa, che pochissimi ricordano (un po’ come le strofe dell’Inno di Mameli successive alla prima, quelle che parlano di Balilla, Ferruccio e del sangue polacco).

Vediamola qui:

Per fare un fiore ci vuole un ramo
per fare il ramo ci vuole l'albero

E già qui la cosa inizia a scricchiolare:  allora, abbiamo appena detto (strofa 1) che per fare un albero di vuole un fiore. Ora diciamo che per fare un fiore ci vuole un albero. Siamo in una classica trappola logica circolare. Un po' come il problema di chi viene prima tra l'uovo e la gallina (ma qui è facile: viene prima l'uovo. C'erano dinosauri che facevano uova milioni di anni prima della prima protogallina)

Comunque, da qui è il disastro:

per fare l'albero ci vuole il bosco
per fare il bosco ci vuole il monte
per fare il monte ci vuol la terra
per far la terra vi vuole un fior
per fare tutto ci vuole un fiore

Cosa vuol dire che per fare un albero ci vuole il bosco?
Ma non ci voleva un fiore? 
Ci vuole un fiore E un bosco?
E da quando i boschi stanno solo sui monti?
Poi, che per fare un monte ci voglia la terra sarebbe tautologico, se non ci fossero monti anche su Marte.

Il tutto per dire che per fare la terra ci vuole un fiore.

Che, pensateci, è veramente assurdo!

Siamo chiaramente di fronte a un delirio lisergico, in cui la logica è andata completamente in pappa.


Come in quei falsi sillogismi tipo:  
Gli apostoli erano 12
Pietro e Giuda erano apostoli
Pietro e Giuda erano 12.

Ora mi chiedo angosciato: come farò a spiegare ai mostriciattoli il ragionamento logico, il metodo scientifico se li ho imbottiti di cose  tipo “per fare la terra ci vuole un fiore”?

mercoledì 18 gennaio 2012

Ninna nanna per non dormire

Veniamo oggi alla più classica delle ninne nanne (che immagino sia il plurale di ninna nanna).


Ninna nanna, ninna oh,
questo bimbo a chi lo do?
Se lo do alla Befana,
se lo tiene una settimana.
Se lo do all'uomo nero,
se lo tiene un anno intero.
Se lo do al Bambin Gesù,
se lo tiene e non ce lo da più.


Cioè, l'avete letta bene? 
La filastrocca non fa in tempo a iniziare, e la mamma minaccia di dare via il proprio figlioLo regala? O, come vedremo, più probabilmente lo vende? E a chi lo dà? 


a) alla Befana, per una settimana. Immagino perché la Befana recluta la manodopera minorile che Babbo Natale sfrutta per fare i regali (e che chiama ipocritamente "i miei piccoli elfi").


b) all'uomo nero, per un anno intero. Ora, a parte il sottofondo di razzismo che si intravede in questo verso, cosa ne fa l'uomo nero del bimbo per un anno intero? Le ipotesi si affastellano e sono tutte agghiaccianti: dall'espianto degli organi al reclutamento coatto nel piccolo coro dell'Antoniano.


c) al Bambin Gesù, che non ce lo da più. Questo verso spesso viene omesso. E anche a ragione, direi. Perché è evidente che si tratta di una chiara metafora di un prossimo infanticidio. Se un marziano atterrasse sulla terra e sentisse una mamma cantare queste cose a suo figlio, chiamerebbe immediatamente i servizi sociali.


In conclusione, credo occorra chiedersi: 
per quale assurdo motivo un bimbo, dopo aver sentito che verrà venduto e/o ucciso, dovrebbe addormentarsi tranquillo?

martedì 10 gennaio 2012

La filastrocca sulle abitudini sessuali delle civette

Veniamo alla "questione filastrocche".

Chiunque abbia dei mostriciattoli avrà comprato/gli avranno regalato qualche libro di questi componimenti più o meno poetici. Io ne ho un paio, di cui uno con versioni non edulcorate (dell’introduzione del politically correct nella letteratura per bambini penso scriverò più avanti).

Avete mai letto con attenzione le filastrocche? 
Vi rendete conto di quel che diciamo ai nostri figli?
Dov'è il Moige quando serve?

Iniziamo con il più grande dei classici: 

ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l'amore
con la figlia del dottore
il dottore si ammalò     
ambarabà ciccì coccò

facciamo un po' di analisi del componimento.
Trattasi di settenari e novenari con rima AABBAA.

ambarabà ciccì coccò

verso oscuro, forse ermetico.
Secondo il linguista italiano Vermondo Brugnatelli (si chiama così, non è una battuta) potrebbe risalire ad epoca latina, quando doveva suonare "hanc para ab hac quidquid quodquod", una "conta" il cui senso doveva essere circa "ripara questa (mano) da quest'altra (che fa la conta)..."

A mio parere la spiegazione è esagerata. Semplicemente dovevano trovare qualcosa che facesse rima con comò…

tre civette sul comò

Appunto, il comò. Ma vi siete mai chiesti: che ci fanno tre civette su un comò?

che facevano l'amore

Facevano l’amore!
Ok. Capisco la necessità di iniziare presto l’educazione sessuale.
Va bene utilizzare gli animali (farfalle, api, cicogne).
Ma tre civette che si pastrugnano, per di più su un comò, non mi pare una grande metafora.
E poi: facevano l’amore tra di loro? Ebbene, no:

con la figlia del dottore

Qui la questione si fa pruriginosa.
Mi chiedo: è sano far sapere ai bimbi che la figlia del dottore si accompagna sessualmente con ben tre civette? 
Cioè, io non sono un bacchettone, ma un orgia con tre pennuti su un comò… mi pare una immagine un po’ forte per un bambino di due anni… Tanto è vero che pure il padre della svergognata non la prende bene…

il dottore si ammalò     

Ecco. Appunto.
Tra l’atro questa è l’unica cosa che ha un minimo di senso. 
Trovi tua figlia impegnata in acrobazie sessuali con tre strigiformi, come minimo ti viene un mancamento.

ambarabà ciccì coccò

Ed ecco che il compositore ci lascia così, in media res.

Le domande si affastellano:
il dottore si è ripreso? O la scoperta delle perversioni della figlia gli è stata fatale?
La figlia ha poi regolarizzato il rapporto con i pennuti? Con tutti e tre o solo con uno?

Forse non lo sapremo mai... 
Speriamo che Voyager se ne occupi presto.